LA GRANDE FAKE DELL’ECONOMIA


Si dice in giro che l’Impresa produca beni/servizi generando valore, che venduti si trasformano in ricchezza. Per questa via si genera occupazione, lavoro che quella ricchezza remunera; viene infine fornito ristoro ai bisogni della Gente.

Chi non crede che tutto questo corrisponda alla verità del sistema produttivo, alzi la mano!

Nessuno?

Et voilà, la fake news dell’economia a cui credono tutti.

Chi sono i creduloni:

gli Impresari, a loro conviene crederlo;

a chi lavora, perchè quello che intascano arriva dall’impresa;

ai Sindacati, che contrattano il quibus, per chi lavora, con le Imprese che hanno in tasca il malloppo;

alla Politica che, devendo redistribuire, sa chi ha intascato quel malloppo;

a Trump e Xi che ci credono e li aiutano a suon di dazi;

gli Economisti*, di ogni grado e risma, responsabili di aver messo in giro la fake.

Smontiamo la fake: l’automobile è un bene; di valore se ne ho bisogno e se ce ne sono poche in vendita. Un male, invece, se ce ne sono tante e io, già ristorato, ce l’ho. Invenduta arrigginisce, non genera ricchezza; non vi sarà chi dovrà lavorare per riprodurla.

Stessa cosa vale che so… per quel latte invenduto che caglia, per l’abito invenduto che passa di moda, per il giornale del giono dopo che incarta il pesce.

La diceria, nientepopodimenoche il paradigma dell’Economia della Produzione, non è stata sempre una fake; lo diventa pressappoco dopo il ’71, quando viene eliminata la convertibilità tra dollaro e oro.

Bene, per il tempo d’oggi c’è un’altra diceria non ancora detta, che attende ratifica; paradigma, questa, dell’Economia dei Consumi:

“La crescita si fa con la spesa, non con la produzione. Così viene generata ricchezza, quella ricchezza che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di ricchezza per remunerare chi, smaltendo fa riprodurre, creando lavoro e con la spesa lo remunera.”

Beh, fact checkers di tutto il mondo all’opera. Provate a smontarla!

Buon lavoro.

*Si dice vi siano tante Teorie economiche per quanti Economisti stanno in giro. Tutte diverse, tutte in contrasto. Un solo paradigma le associa tutte, propio quello della fake.

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LA CINA E IL COMUNISMO DELL’ECONOMIA DEI CONSUMI


“Arricchitevi” disse, nel 1979, Deng Xiaoping ai cinesi.

Così, sotto l’egida del Potere comunista, ebbe inizio l’imponente “accumulazione originaria” cinese.

Ci hanno messo un po’ poi, il 23 novembre 2020, il governo cinese dichiara di aver eradicato la povertà assoluta nel paese. Il presidente Xi Jinping diventa il primo leader cinese a essersi impegnato non solo a ridurre l’incidenza della povertà ma a eliminarla totalmente: una migliore distribuzione del reddito sta tra gli obiettivi per il prossimo futuro.

D’accordo, se niente più poveri assoluti manco tutti ricchi. Si, è vero, i benestanti ci sono eccome; molti di più quelli che, se non più miseri, sono ancora penanti.

Il Presidente a vita lo sa. Sa pure che il peso dei consumi privati sul Pil della Cina sia inferiore alla media mondiale, il 40% rispetto al 58%, con punte del 68% negli Stati Uniti.

Detto i dati, fatti i confronti, Xi suona la carica: i mercati vengono colpiti da una serie di repressioni in materia di tutoraggio privato, sicurezza dei dati e non finisce qui. Pechino tenta di limitare gli eccessi dei ricchi e aumentare la ricchezza della classe media, che altrimenti potrebbe frenare le prestazioni delle più grandi e note aziende private del Paese.

Già, chi più della classe media si mostra propensa ad acquistare merci di bisogno, pure quelle di passione, altre di emozione, finanche le esperienze e con tal trastulli poter fare la crescita.

Cavolo, vuoi vedere che chi comanda ha compreso come quegli “eccessi” sian soldi sottratti alla spesa; vuoi vedere che si comincia a mettere nel conto come sia proprio la spesa, non l’Impresa nè il lavoro, a generare la ricchezza; vuoi vedere che se parte di quella ricchezza la intasca pure chi l’ha fatta può poter rifare prima la spesa poi la crescita?

A tal supporre Soros, caposcuola di quelli del Capitale d’occidente, si gratta la testa e dice d’altro: la stretta sui grandi gruppi economici privati, dal blocco dell’Ipo di Ant nel novembre 2020, alle misure disciplinari contro Didi in seguito al collocamento a Wall Street lo scorso giugno, dimostrerebbe come Xi abbia “bisogno di mettere in ginocchio qualsiasi entità abbastanza ricca da esercitare un potere indipendente”.

Le reazioni di quelli invece che stanno con il lavoro, “soprattutto e a tutti”, non sono pervenute; forse son fermi al pensarle.

Dunque, se l’occidente si mostra arenato tra un tacer taciuto e un parlar d’altro, ad oriente sembra volersi consumare lo scisma nel Capitalismo: da quello delle Imprese a quello dei Consumatori quando si intende dar corso ad una “prosperità comune”.

D’accordo provare a cambiare la ragione sociale del Capitalismo ma… il solo redistribuire per via fiscale o confidare nel “buonismo*” imposto alle Imprese può fare il nuovo?

Se, come intende, il leader cinese, si vuol tentare la costruzione di “un sistema completo di consumo domestico”, s’ha da passare attraverso il riconoscimento del lavoro di consumazione che faccia saltare il vecchio modo di trasferire la ricchezza generata dalla crescita; essì quest’esercizio, agito, si auto-riproduce e auto-remunera creando e remunerando pure il lavoro nella produzione e quello del Capitale.

Riconoscimento pure che, con incentivi fiscali, premi il business di quelle Imprese che rifocillano il potere d’acquisto con la spesa fatta per le loro merci. Per le stesse Imprese si renderebbe spendibile migliorare l’efficienza ottenendo un vantaggio competitivo.

Questo possibile si intravvede quando il vice premier cinese Liu He dice che la Cina sosterrà “incrollabilmente” il sano sviluppo dell’economia privata.

Manca solo la chiosa. Dentro un Capitalismo, dove varrà più la spesa che l’impresa, un sistema completo di consumo domestico potrà aver bisogno di una nuova moneta di scambio: il “Potere d’Acquisto”!

*Alibaba, come avevano fatto in precedenza Tencent e Geely Automobiles, investirà 100 miliardi di yuan ($15,5 miliardi) entro il 2025, a sostegno della “prosperità comune”, allineandosi dunque all’iniziativa lanciata dal presidente cinese Xi Jinping per combattere le diseguaglianze presenti in Cina.

Mauro Artibani, l’economaio

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LE AUTO, IL TAEG E I CINCISCHI


Tra l’acquistare l’auto quando in pochi l’hanno e il non volerla perché tutti l’hanno non ci sta il prestigio di un marchio, sta la distanza tra l’Harry Ford che ieri pagava la domanda per le sue auto e l’oggi che, per riffe o per raffe, si acquista a rate.

Con disagio allora penso a quel che un vecchio adagio diceva: “Per mancanza di un chiodo un ferro di cavallo fu perso, mancando un ferro il cavallo fu perso, mancando un cavallo un cavaliere andò perduto; la battaglia fu persa, perdendo la battaglia fu perso l’intero regno”.

Dunque, questo ieri; di questi tempi il vecchio adagio si veste di “automotive” dove, al posto del ferro di cavallo, ci sta la ruota; al posto del cavaliere sta chi si propone di acquistarla; quelli che si battagliano per venderla son troppi: si aggregano, si disgregano, fanno patti con il diavolo; nella repubblica stan tutti lì a far moine con i magazzini pieni d’auto ad arrugginire.

Bene ora metticaso che, dentro il sistema industrial produttivo, tu non metta in conto che il vecchio chiodo, che fa perdere il reame, sia nella disponibilità di quello che, con l’acquisto, chiude il ciclo e con il consumo dell’acquistato lo riapre.

Metti pure che il titolare di quel chiodo sia la chiave di volta per la continuità del ciclo economico ben più degli altri fattori della catena che di questi tempi post pandemici stan lì ammaccati.

Chi è il titolare? Beh, quel misconosciuto tizio, surrogato con i succedanei utilizzati di volta in volta come unità aggiunta di un fattore produttivo; si insomma quell’agente che, quando può, sventa il “campa cavallo e salva il regno.”

Dunque, con la produttività marginale si deve intendere la quantità addizionale della produzione che si ottiene impiegando un’unità aggiuntiva di un fattore produttivo. Fin oltre un certo limite… poi l’accrescimento del prodotto sarà minore, finché giungerà il momento in cui un ulteriore aumento del fattore non produrrà alcun incremento di prodotto, non potendosi combinare con la necessaria quantità degli altri fattori a meno che…. non venga assunto nel ciclo, senza infingimenti, quel fattore di consumazione che si auto-riproduce e auto-remunera, altrimenti… son cincischi.

Si, si cincischia per mettere pezze alla strutturale sovraccapacità, la bassa redditività, e la riduzione del bisogno di mobilità; per trovare i ricavi le Aziende si fanno Banche, con il marketing saturano tutti gli spazi pubblicitari, con il Taeg li incassano. Far lucro, insomma, lucrando sul costo del debito di quelli costretti a contrarlo per l’acquisto dell’auto. Toh, siamo ancor al produrre la ricchezza con il debito!

Beh, si può pure far di più. Gli hedge fund che controllano Europcar e Volkswagen tentano l’immaginifico: sono in trattative avanzate per l’acquisizione della società di noleggio auto francese. Bella quest’operazione industriale: produce auto che vende a se medesima che poi affitta. Per strafare ci si mette J.P. Morgan che ha sottoscritto un accordo strategico con Volkswagen Financial Services, per acquisire una quota maggioritaria, pari a circa il 75%, nella piattaforma dei pagamenti della casa automobilistica.

Cosa dire dopo cotanti fatti a chiosa? Beh un paradosso del tempo di prima che si fa, in quest’oggi di cattivi presagi, cunetta calda ed accogliente: hanno più bisogno i Produttori di vendere che i Consumatori di acquistare!

Bene, il trapassato buon Ford aveva indicato la via per il futuro; dopo cotanti cincischi, se ne dovrà tener conto nel rifare i conti. Essi Signori: “abbiamo chiesto un incontro al presidente Draghi perché le aziende che, in modo da far west, hanno aperto procedure di chiusura degli stabilimenti, sono tutte nel settore automotive“. No, non lo dico io, lo ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.

Prosit!

Mauro Artibani, l’economaio

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OLTRE LA TERRA INCOGNITA


Solo per il settore auto gli incentivi messi a punto in diciannove paesi ammontano a 50 miliardi di $, come precisa la società di analisi Deloitte. Solo una parte dei 3.600 miliardi stimati per sostenere la crescita e stimolare la ripresa nell’attesa che pandemia vada via.

Crescita e ripresa sono insomma i precetti con cui i Consumatori vengono richiamati all’ordine; a cui dobbiamo corrispondere con il nostro esercizio di spesa.

Bei tempi quando bastavano gli incanti della pubblicità e le sapienti prodezze del marketing per potervi corrispondere! Bei tempi quando bastava il reddito per poter consumare! Bei tempi quando si poteva abusare dei risparmi!

Ancora ieri si poteva, con le scorribande del credito al consumo e con il debito.

Oggi, nel tempo pandemico, no!

Oggi per quella crescita e quella ripresa si propongono incentivi, magari bonus e ammortizzatori sociali a più non posso*, fatti con montagne di debito pubblico che oscureranno il domani.

Bene. Se vogliamo che quel domani sia un giorno chiaro occorre trovare nuovi equilibri, imporre una nuova misura al mercato.

Là, dove il lavoro produttivo svalutato e inflazionato non trova reddito adeguato, dove il lavoro di consumo non trova riconoscimento nè ristoro; là in mezzo, tra una produzione in eccesso e un consumo indefesso, il debito ha sostituito la moneta per produrre ricchezza.

Qui deve trovare albergo un Reddito di Scopo che integri quelle insufficienze, retribuisca l’esercizio professionale del consumare; dia la stura alla Domanda, per poter stappare il tappo che imballa il meccanismo produttivo.

Essì, altro che “terra incognita”, come ebbe a dire tempo fa un Ministro del Tesoro; più cognita di così!

* Una delle tante complesse eredità della pandemia di COVID-19 sarà un alto livello di debito del settore pubblico nella maggior parte dei paesi. Ciò riflette l’aumento della spesa dei governi per affrontare la crisi, nonché il crollo delle entrate fiscali con l’implosione delle economie nel 2020.

Mauro Artibani, l’economaio

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GIUST’APPUNTO FERRAGOSTO


Ehi pssst, dico a voi.

L’afa vi accalda insieme al vostro reddito che non basta più?

Occhio Gente, sarà pure torrido ‘sto ferragosto ma…almeno sul mercato cominciano ad intravvedersi occasioni di guadagno; Reddito da Consumo insomma.

Le televisioni commerciali si sono date il compito di intrattenerci per fare business; io mi faccio intrattenere: mi pagano. Incasso 109 euro l’anno: il valore di un canone televisivo non pagato.

In ogni angolo di strada ti danno le free press: le acquisto a zero euro. Tanto vale la mia attenzione alla loro pubblicità; non spendo, anzi, mi tengo il costo del quotidiano, lo moltiplico per 365, i giorni dell’anno, guadagno più o meno 365 euro e sono pure informato.

Io e la mia famiglia, con altre 25000 in Italia, facciamo Gruppi di Acquisto nel fare la spesa. Massa critica si dice: Domanda consapevole di merci. Si diventa appetiti dai produttori che pagano questo nostro appetito; si contratta il prezzo e pure la qualità della merce. Pure qui si guadagna.

Ho sposato la Ikea philosophy: ci guadagno. Vendono mobili smontati, li acquisto, li monto: vengo pagato per farlo. Già, pago meno l’acquisto, guadagno così il prezzo più basso sul mercato dell’arredamento.

Ci sono poi, tra i commercianti, quelli che vogliono fidelizzarmi. Io ci sto a più non posso. Prendo tutte le carte fedeltà, acquisto da ognuno di loro solo la merce veramente conveniente. Fidelizzo i fidelizzatori, spendo meno: guadagno.

C’è pure lo spazio per il “fai da te”. Chi vuole può farlo. Se, per rispondere alle sollecitazioni di acquisto, invece di cibarmi ingrasso, basta mangiare meno. Sto meglio in salute, spendo meno: ci guadagno. Se, invece di abbigliarmi, vesto alla moda che passa di moda, scarto abiti ancora zeppi di Valore: spreco. Se mi sottraggo agli eccessi della moda, spendo meglio il denaro, aumento la capacità di utilizzo del valore della merce acquistata: guadagno maggiore capacità di spesa per il mio reddito.

Bene, tutto questo si può fare.

Nel farlo i Consumatori ottengono innegabili vantaggi, si prende in carico pure la responsabilità del nostro ruolo.

Attenzione! Vantaggi economici si, da non confondersi però con il risparmio.

Il vantaggio si ottiene mettendo in campo attenzione, tempo, perizia, organizzazione: un vero e proprio Lavoro.

Questo vantaggio sarà un reddito: Reddito da Consumo.

Beh, almeno, tra un’ondata che va ed una che viene, qual cosa si scorge; si vabbè è ancora poco… si può far di più.

Mauro Artibani, l’economaio

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IL LAVORO CHE VERRA’


Dal 20 al 25 agosto, al Meeting21 di Rimini, si parla de “il lavoro che verrà”

Cavolo, andiamo, è tempo di sbirciare.

Chi ci sarà? Beh, intanto non potrà mancare quel 58% di noi che una occupazione non l’ha; tra questi molti, troppi, giovani.

Approposito, si va a sbirciare quel lavoro che sarebbe dovuto arrivare ben prima della crisi economica, per far modo che il fine dell’economia potesse farsi “mio” fine, per il tornaconto di tutti.

Tranquilli, dentro l’Economia dei Consumi, non vi sarà neanche mismatching tra offerta e domanda per un lavoro di tal fatta: quello di consumazione. Sa farlo chi fa la spesa, ne ha bisogno l’Impresa.

Giust’appunto il “lavoro della domanda” che si svela domandando:

Chi acquista merci generando ricchezza?

Chi, consumando l’acquistato, fa ri-produrre fornendo continuità al ciclo produttivo?

Chi, mediante l’acquisto, distribuisce denaro ai profitti, ai redditi pure alle casse erariali? Chi, per sostenere la Domanda di un’Offerta in eccesso, ha bruciato reddito, risparmio, debito?

Chi, pur di adempiere al proprio ruolo, invece di cibarsi ingrassa, invece di abbigliarsi veste alla moda che passa di moda?

Chi, consumando l’acquistato, smaltisce l’eccesso inquinando l’ambiente?

Suvvia quelli che fanno la spesa! Chi altri sennò?

Già, tutto questo si è fatto. Tutto questo, per mancanza di un reddito sufficiente alla bisogna, si rischia di non poter più fare!

Costretti a ridurre le spese per compensare questa insufficienza, non si potrà sostenere la domanda, aumenterà quell’offerta già sovrabbondante, si ridurranno gli investimenti; meno lavoro, meno reddito, meno incassi per l’erario. Verrà bruciato valore, verrà bruciata ricchezza; meno crescita economica e… via cantando. Essipperchè, se chi lavora nella produzione lo fa per guadagnare, occorrerà prima aver guadagnato per poter lavorare nel consumo.

Astanti, ci siete?

Et voilà la chiosa: la crisi prima, la pandemia poi mostrano come l’acquisto non sia solo ristoro ai bisogni, non sia neanche solo un vezzo, forse pure una volgare ancorché irrinunciabile necessità per sostenere la crescita e generare ricchezza.

Un obbligo che, per essere esercitato, ha bisogno del conforto di un reddito adeguato.

Non un obolo, il giusto ristoro, invece, per un esercizio di necessità; si, un lavoro!

Lavoro questo che, ridefinendo il modo di trasferimento della ricchezza generata dalla spesa, si possa auto riprodurre e auto remunerare!

No, non sta qui il paradosso; sta invece nell’esser ancora obbligati a dover fare il lavoro di consumazione senza avere i denari per farlo; a debito, insomma. Mauro Artibani, l’economaio

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GIOVANOTTO, SE EREDITI IMPRENDI O SPENDI?


Cavolo, la Fed ha ufficialmente adottato un average inflation targeting! Non punta più a ottenere un’inflazione – misurata dalla variazione annuale dell’indice, generale e non più core, delle spese per consumo personali – del 2%, ma «un’inflazione pari in media al 2% nel tempo»*.

Questo significa, ha spiegato la stessa Fed, che «in seguito a periodi in cui l’inflazione è stata persistentemente al di sotto del 2%, una politica monetaria appropriata punterà verosimilmente a ottenere un’inflazione moderatamente superiore al 2%».

Cavolo, tutto questo arzigogolo che, in modalità tecnica, sembra poca cosa mostra invece uno dei più ingombranti paradossi dell’Economia dei Consumi che fanno specie.

Mostra che, per gli stregoni del controllo, i prezzi possono andare oltre quel salvifico, per la baracca economica, 2%.

Toh, proprio quel livello dei prezzi che consente di poter fare più o meno spesa con lo stesso denaro; dentro un sistema economico che proprio con la spesa fa la crescita, smaltisce il prodotto e fa ri-produrre: olè!

Olè un cacchio! Mettiamo il caso che circa 35.000 miliardi di dollari di ricchezza nella disponibilità degli anziani Baby boomers, come scrive il WSJ, si prepari a passare di mano. Un tesoro che vale quasi il 160% del PIL Usa, il doppio di 30 anni fa, che nei prossimi anni verrà trasferito a eredi e che continua a crescere. Tra il 2018 e il 2042, le stime dicono saranno 70.000 i miliardi di dollari destinati a cambiare tasche; una sessantina in quelle degli eredi e il resto in filantropia e simili.

Una montagna di ricchezza, insomma, si prepara a passare di mano; destinatari soprattutto Millennials e Generazione X, che potrebbero ritrovarsi a disporre di una base finanziaria molto importante per far partire, come auspicano i soliti buontemponi, “una nuova ondata di creazione d’impresa”.

Un momento! Chi sono i Millenials e la GenX?

Beh, son quelli dell’allungamento della durata della vita; giovani lavoratori che vedranno una quota crescente del loro reddito dedicata al sostegno degli altri mentre dovranno anche risparmiare di più per provvedere alla propria vecchiaia, con l’età della pensione che si allunga fino ai 70 anni. Indipercuiposcia dovranno lavorare più a lungo, risparmiare di più con una rete di sicurezza ridotta; dulcis in fundo, dovranno spendere oltre modo per generare ricchezza per tutti: allettante! C’è un’alternativa?

Beh non vi sembri blasfemo ma… se la si smettesse di truccare i prezzi, il “tesorone” già ereditato e quello da ereditare, invece che falcidiato dall’inflazione potrebbe rassodare almeno quel potere d’acquisto proprio di questi giovani ereditieri che la spesa sanno fare più di tutti, meglio di tutti.

Per far cosa, dite? Buondio ricchezza, poiché non con il far nuove Impresa che si smaltisce il già prodotto che riempie i magazzini; con l’acquisto si, che diventa denaro pure per chi non l’ha!

Ehi ragazzi, un occhio alla spesa si, l’altro per farla eco-compatibile, altrimenti son guai.

*Di lì a poco la nuova strategia monetaria verrà adottata dalla Bce.

Mauro Artibani, l’economaio

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DAL CAUSALE AL CASUALE E RITORNO


Acquisteresti cibo se non avessi fame? Produrresti cibo per dar da mangiare a chi fame non ha?

Beh, nel tempo dell’Economia della Produzione no; in questo dell’Economia dei Consumi si!

Quando, insomma, una relazione di necessità mette in successione il bisogno con la sua soddisfazione, siamo al tempo di prima.

In quello di oggi, invece, vedi in giro gente vestita con jeans laceri che non vanno a comprarne di nuovi; quelli che indossano li hanno acquistati.

Così, quando non ti raccapezzi sulla causa-effetto provi a scrutare i fatti; ti fai maligno poi ti interroghi: Quanto incidono i costi di marketing e pubblicità sul prezzo che pago per un prodotto di cui non ho bisogno? D’accordo, troppe variabili, difficile da stimare ma… indubitabilmente il costo ci sta quando si viene prima con-vinti, poi in-formati. Da qui, alla resa del “senso comune”, detto/ fatto.

Sia come sia, nel passaggio dallo ieri all’oggi, sembrerebbe andare in fumo il nesso di causalità che governa il rapporto con le cose; un nuovo senso, non comune, viene alla ribalta a meno che…. Si, a meno che nel mondo ricco, che non vuol perdere l’abbrivio, il non più utile nesso bisogno/soddisfazione sia stato sostituito da una nuova relazione di necessità ricchezza/spesa.

Toh, vuoi vedere che sta qui la “nuova causalità” del mangiare fino ad ingrassare, dell’acquistare la moda che passa di moda e con l’andare in giro in un’auto presa al “nolo che fidelizza”, passando la vita ad acquistarla?

Essì, per non far che “noi” ricchi si debba piangere, di questo paradosso non paradossale toccherà far virtù.

Dunque, mi viene in mente…. ma questi virtuosi che, fuori dalla ragione, fanno con la spesa la ricchezza daranno la stura ai “soliti noti” per parlarne male, esecrando la logica che sovrintende a quelle spese?

Cosa dire di tal stanco ridetto che si appresteranno a dire? Dunque di non farne vanto; fare invece il conto di quanto valore sta in questo vizio e presentarlo ad un mercato che dovrà pur rifarli i conti e pagarlo. Approposito, cortesi Detrattori, conoscete altri che, con il loro fare sbilenco, siano pure in grado di generare lavoro e di remunerarlo?

Mauro Artibani, l’economaio

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NUOVI CONSUMI PIU‘ EQUI, COMPETITIVI E SOSTENIBILI


Più equi, competitivi e sostenibili. Lo dice il presidente Draghi in Parlamento agli eletti, perchè gli elettori intendano; con lo stesso impeto non possiamo mancare!

Beh, i Consumatori, per ruolo e quando possono, con la spesa fanno i 2/3 della crescita economica. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allora allocare queste risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, crea lavoro e lo remunera remunerando tutti, pure quelli del capitale. Più equi di cosi?

Okkei, d’accordo ma… non sembra esser tutt‘oro quel che luccica. Da un impegno di tal fatta, al dover fare i conti con un’ambiente che non regge la botta dei ritmi imposti dalla crescita, il passo è breve, anzi grave, tanto da dover pagare dazio.

Talmente grave che di questa sostenibilità toccherà farsi carico.

Dunque, se la Terra stenta a riprodurre risorse e a smaltire i rifiuti generati dall’attività economica c’è una raponsabilità da dover assumere: l’aver dato, in comodato d’uso, la domanda a quelli del marketing limitando la nostra azione alla sola spesa.

Tocca allora pagar pegno. Se la domanda comanda, facendo quei 2/3 della crescita, con la ripresa in carico si può fare ancor di più!

Approposito, comanda pure perchè la sovraccapacità dell’offerta, già prima della pandemia, stava  imbarazzata dinanzi ai Consumatori del mondo ricco, affrancati dal bisogno.

Questi fatti rimescolano le regole: l’offerta ha „bisogno“ che venga acquistata da consumatori senza il bisogno di doverlo fare.

No, non è l’ennesimo paradosso che abita l’Economia dei Consumi, piuttosto una cunetta del mercato dove questi nuovi equilibri attendono di poter fare prezzo.

Nell’attesa che il prezzo si faccia, facciamo domanda di merci a basso impiego energetico ed eco-compatibili; pure quella di beni immateriali e di prodotti ignudi, svestiti da packaging sfrontati.

Suvvia, quando tutti in coro facciamo queste domande beh, pure così, all’offerta toccherà ubbidire.  

Eggià, questo s’ha da fare per la nostra cara Amica: rassodare la capacità riproduttiva e ripristinare quella di smaltire i residui.

Con l’economia circolare si è proprietari della materia prima, il rifiuto da riciclare, e dei 2/3 di quella spesa aggregata: il perno, insomma, attorno a cui far girare il meccanismo per poter funzionare e riuscire a coniugare tornaconto e responsabilità, per tutti; per i Consumatori di più.

Ehi, con il guadagnare vantaggio economico dall’aggiustare la Terra si fa bingo; da questa nuova competitività, tombola!

Mauro Artibani, l’economaio

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PER NON FAR FIASCO CON LA RIFORMA DAL FISCO


Venghino Signori, venghino a ciurlar di redistribuir. Un ciurlìo che rimbomba tra i diseguaglianti e i diseguagliati.

Essì, con la pandemia giungemmo a dover mettere mano a quel marchingegno che, mal funzionando, ha consentito di poter generare la crescita con un debito surrogante redditi mal trasferiti.

Cominciamo: gli Stati Uniti godono di leadership su tutta la regolamentazione fiscale e l’annuncio di Joe Biden manda un segnale forte, che avrà sicuramente delle conseguenze per i negoziati in corso all’OCSE.

Dunque l’amministrazione Biden da’ le carte con un piano per aumentare le tasse sulle società e sugli americani che guadagnano più di 400.000 dollari all’anno per pagare un piano, forte di investimenti nelle infrastrutture da $ 2 trilioni e quello per le famiglie da $ 1,8 trilioni.

Fiuuu: il ritorno di un’economia più gestita con il declino delle soluzioni di mercato privilegiate dall’inizio degli anni ’80?

I diseguaglianti qualche dubbio l’hanno. Questo rialzo fiscale non rischia di penalizzare gli investimenti aziendali necessari alla ripresa economica?

I diseguagliati, per ribattere, gridano il non esser tutti uguali e loro ancora meno!

Beh, sia come sia; anzi, per non restare incastrati a stantii refrain, proviamo a fare come credo debba farsi.

Se si invoca una riforma fiscale del già traferito si aggiusta forse, non si risolve, lo squilibrio che la connota. Si continuerà a prelevare direttamente e in malo modo dai redditi percepiti dai soliti noti, capitale e lavoro, prelevando indirettamente dal lavoro degli insoliti ignoti, i Consumatori, contravvenendo pure alla progressività del prelievo.

Eilà Gente, se la riforma fiscale dovrà pagare i maggiori costi della sanità post pandemica, ri-attrezzare le infrastrutture della terra poi pure ri-sanarla e…. se ci attrezzassimo pure a far la crescita per poter pagarne meglio i costi?

Dunque, la crescita si fa con la spesa al mercato, là dove dovrebbe fare il prezzo più alto la produttività del migliore; dove invece il vincente, escluso dalla conta, non prende niente.

Essì, incassa il premio chi ha fatto le merci, non il migliore, che acquistandole ha potuto generare quel remunero. Negletto che, per poter tornare a spendere, deve chiedere gli spicci ai remunerati correndo il rischio, stante le iniquità nel prelievo, di trovarsi in tasca più di quanto possa, meno di quanto debba avere per fare quella spesa prodroma alla crescita.

Orsù eletti del mondo, il tempo stringe, le iniquità strozzano. Tocca conferire “Premio”, fin qui negato, al più produttivo degli agenti che abitando sine die il mercato fa il più della crescita.

Si vuol fare quella crescita che paga i costi post pandemici?  Bene, la riforma del fisco dovrà riformare i modi di chi già paga, pure poi far pagare il costo fiscale* guadagnato con il “premio produttività” per aver fatto i 2/3 della crescita.

Chi dovrà pagare il prezzo del premio?

Beh, ad occhio e croce tutti gli agenti economici che da tal garantita crescita avranno da guadagnare!

Come? Con il profitto che, nell’Economia dei Consumi, manca di ragione economica: impiegato dalle Imprese per attrezzare business fa fare utili se e quando i Consumatori, acquistando quelle merci, rifocillano il potere d’acquisto.

A proposito di tasse, lo scrivo da tempo. Alla Politica toccherà de-fiscalizzare gli aderenti al nuovo modo di far business; fiscalizzare invece i renitenti!

*Poter così ancor più incassare quanto occorre per fare quel che avete in mente di dover fare.

 Mauro Artibani, l’economaio

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